Brutto risveglio a Menlo Park, Coca Cola toglie la sua pubblicità dalla piattaforma social. Evitare la censura, nel bene e nel male, per Facebook è da sempre stata la linea guida, oggi pare essere un problema, un grosso problema.
Tutto ha inizio all’indomani del caso George Floyd, quando sul social Donald Trump dichiara in modo esplicito e senza mezze misure che i manifestanti sono dei delinquenti e che se inizieranno i saccheggi i militari inizieranno a sparare. Dichiarazioni in linea con le esternazioni fatte a partire dalla campagna elettorale e per tutto il mandato del presidente Trump, anzi difficile ricordare un solo giorno in cui il presidente degli Stati Uniti non se ne sia uscito con una delle sue. Peccato però che l’America sia oggi più che mai spaccata in due, chi questo personaggio lo apprezza (e lo vota) e chi proprio lo detesta. l’azienda Facebook non fa eccezione, se come pare Zuckerberg non avrebbe voluto censure anche a dichiarazioni forti, ritenendo Facebook il megafono del libero pensiero, è anche vero che Ryan Freitas responsabile di News Feed di Facebook, proprio non ne vuol sapere, Jason Toff direttore del product management arriva a dire che la maggior parte dei dipendenti “non sono orgogliosi” di come stanno andando le cose, e si stanno facendo sentire.
“ I social network non devono essere gli arbitri della verità “ ha detto Zuckerberg
Gli hanno risposto:
Coca Cola
Patagonia
Unilever
North Face
Verizon
Honda
Acura
Levis Strauss
Sospendendo le campagne pubblicitarie sul più grande social network e sembra solo l’inizio. A noi non interessa stabilire se giusto o sbagliato quanto piuttosto capire come la politica possa influenzare l’economia. La raccolta pubblicitaria di Facebook ammonta infatti a 70 miliardi di dollari.di cui una grossa fetta generata negli Stati Uniti. È ragionevole pensare che censurando le dichiarazioni “violente” si offenderà metà dell’elettorato, omettendo di farlo esattamente l’altra metà. In tutti i casi a perdere sarà il banco. Il primo caso della storia in cui ad influire sui risultati economici di una azienda non è il brand o il servizio, ma l’opinione. È l’inevitabile conseguenza di un business che si regge sulla socialità, sulla condivisione, sullo scambio di opinioni. Facebook non ha sbagliato come non ha fatto bene, semplicemente non può avere la stessa idea di tutti, scoprendo il punto debole dei social. Oggi abbiamo imparato una nuova regola dell’economia digitale cioe che chi vive delle relazioni, delle opinioni, delle scelte e delle idee degli altri, non può poi sottrarsi al giudizio che daranno i mercati alle sue.